Anno:          2004


Zona:          Tarquinia Lido - saline (VT)


Tipologia:    Tesi di laurea in progettazione architettonica


Area:           30.000 mq circa

IL PAESAGGIO
L’area di progetto, che si trova a 5 Km dall’odierna città di Tarquinia, lungo la costa, è caratterizzata da due diverse situazioni di superficie: una fascia costiera e una fascia pianeggiante formata da estesi campi in parte incolti e abbandonati, che, però, insieme al suggestivo paesaggio offerto dalla distesa dell’acqua del mare e delle saline, conferiscono all’area un ben definito valore paesaggistico.

Tra l’erba di quei campi si nascondono dei reperti archeologici, tracce che raccontano la storia di un antichissimo porto e della sua vivace e colorata vita basata su un sistema di scambio garantito dalle divinità. Si tratta dei resti di un’antica città portuale e del suo santuario emporico, situato ai margini di essa, ospitante una pluralità di culti e riti propri di quei gruppi etnici sbarcati per commerciare con le popolazioni indigene.

LA STORIA DEL LUOGO E LE EMERGENZE ARCHEOLOGICHE
Secondo antichi studi, in epoca preistorica, quest’area era ricoperta dall’acqua del mare e con il passare dei secoli i detriti portati dal mare e dai fiumi avrebbero contribuito alla formazione di bacini palustri e di quella che per secoli sarebbe stata la ricchezza primaria del luogo: le saline.
La ricchezza di acque sorgive, la presenza di ingenti quantità di sale e la possibilità di commerciare con il popolo locale degli Etruschi, fu la conditio che indusse i mercanti stranieri (provenienti soprattutto dalla Grecia), a trovare in queste coste un luogo di felice e sicuro approdo riuscendo ad integrarsi con la popolazione indigena e a dare vita ad una fiorente città portuale: Gravisca. La città nacque nel 600 a.C. e visse prosperamente fino al 181 d.C., età della conquista romana. Il sito continuò comunque ad essere frequentato per almeno un secolo, come è attestato dalla presenza del Vescovo di Gravisca nel Sinodo Romano del 502 d.C.. La mancanza di documenti e fonti scritte per almeno quattro secoli, rende difficile ricostruire le vicissitudini del porto di Gravisca dal 502 d.C. fino al 1169, quando si tornò a parlare di un “nuovo approdo” a Corneto.Fino agli anni ’60, “Gravisca” rimase solo un nome, la sua collocazione restò incerta fino al 1969 anno in cui cominciarono, per opera della “Sovrintendenza Archeologica per l’ Etruria Meridionale”, le primissime esplorazioni della zona, tra l’altro minacciata da impellenti lavori di lottizzazione.
Furono ben presto due i settori di scavo nei quali la Sovrintendenza concentrò le sue ricerche: uno scavo prevalentemente romano, la Colonia Civium Romanorum e uno scavo di interesse pre-romano, Il Santuario Emporico Greco.

LA REALTA’ DELL’AREA
Sconcertante è la realtà in cui oggi è conservata la zona archeologica. L’area in cui sono state ritrovate le rovine è infatti anonima e indecifrabile e pochi potrebbero immaginare che quei campi, incolti e recintati, con anche scheletri di case in costruzione, nascondano la storia ricca e affascinante di uno dei più importanti empori commerciali degli antichi Etruschi.

La linea del progetto di riqualificazione dell’area archeologica è stata dunque impostata per raggiungere i seguenti scopi:
    1- proteggere le emergenze archeologiche;
    2- restituire all’area il suo valore paesaggistico;
    3- rendere fruibile l’area al pubblico e conferire leggibilità alla sua storia.

riqualificazione dell’area archeologica

di Gravisca